Nel cuore delle colline del Piemonte, a soli trenta chilometri dal maestoso panorama di Torino, si cela un luogo avvolto da un’atmosfera carica di storia e mistero: Caluso. Questo piccolo comune, dai contorni tranquilli e apparentemente insignificanti, nasconde al suo interno le tracce di un passato tumultuoso, racchiuso tra le imponenti mura del Castellazzo.

Castellazzo di Caluso

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eretta su una posizione invidiabile per il controllo strategico del territorio circostante, la rocca di Caluso si erge come un testimone silenzioso dei secoli passati. Le sue origini risalgono al XII secolo, ma fu nel XV secolo che la struttura subì ampliamenti e modifiche che ne accrebbero la maestosità e l’importanza strategica. Il Castellazzo non era solo una fortezza imponente, ma comprendeva anche un mastio imponente e una torre di avvistamento, circondati da un cortile interno che un tempo risuonava delle voci dei soldati e dei cavalieri.

In quei secoli lontani, la rocca fu il teatro di sanguinose battaglie tra fazioni rivali dei guelfi e dei ghibellini, le cui lotte per il potere segnarono profondamente la storia del territorio circostante. Tuttavia, con il passare dei secoli, l’importanza strategica della rocca di Caluso andò gradualmente scemando e, dopo il XVIII secolo, fu abbandonata e lasciata cadere in rovina. Oggi, delle sue imponenti mura e delle sue torri, rimangono soltanto dei resti silenziosi, ma la loro presenza continua a dominare il paesaggio circostante, offrendo una vista mozzafiato sulla pianura sottostante e sugli scorci di natura incontaminata.

Ma non è solo la sua imponenza architettonica a rendere Caluso un luogo affascinante e carico di mistero. È anche la sua posizione geografica particolare, lungo la strada per Eporedia (l’odierna Ivrea), che ne ha fatto un crocevia cruciale nelle battaglie tra guelfi e ghibellini nei secoli XII e XIII.

Eppure, al di là della storia e della sua posizione strategica, è una leggenda a conferire un fascino ancora più intenso a questo luogo. Una leggenda avvolta nel mistero e nella malinconia, che parla di un’anima inquieta che ancora vaga tra le mura del Castellazzo.

 

La protagonista di questa leggenda è Diana Bazoches, l’amante del marchese Gian Giacomo di Monferrato. Donna di straordinaria bellezza e temperamento libertino, Diana era famosa per il suo fascino irresistibile e per gli abiti sontuosi e i gioielli vistosi che indossava per esaltare la sua procace bellezza. Alla pari però, amava particolarmente i giovani ragazzi “inesperti” ai quali adorava insegnare l’Ars Amandi. Diana a differenza di tante “amatrici” diventate famose nella storia per come poi una volta soddisfatte, si liberavano dei giovanotti incontrati nelle maniere più truci, lei si prendeva cura di loro confidando solo sulla loro discrezione. Ma la bellezza e il suo fascino non erano gli unici motivi della sua fama. Diana era nota anche per i suoi intrighi amorosi, che la videro coinvolta con giovani e audaci corteggiatori, tra cui il conte Roberto Le Goarant. Tuttavia, la sua vanità e il suo egoismo la condussero sulla strada dell’infelicità e della tragedia.

Dopo l’abbandono del conte Le Goarant, Diana, accecata dalla gelosia e dal desiderio di vendetta, avvelenò il suo ex-amante. Ma la sua vendetta si ritorse contro di lei, quando una serva innamorata, a sua volta vittima dei suoi inganni e tradimenti, la avvelenò a sua volta. E così, tra le rovine silenziose del Castellazzo di Caluso, la leggenda di Diana Bazoches continua a vivere, come un ricordo di un passato lontano e di un amore tormentato che continua a perseguitare le anime dei vivi.

Coloro che hanno avuto l’incredibile esperienza di scorgere lo spirito errante di Diana Bazoches tra le antiche mura del Castellazzo, descrivono la sua apparizione con una precisione e un dettaglio che sfiorano il surreale. Appare vestita di scuro, avvolta in un mantello che sembra fuso con le ombre stesse della notte. Le sue lunghe trecce corvine, ondeggiano delicatamente al vento, creando un’aura di mistero intorno alla sua figura eterea. Il suo volto ovale è illuminato da occhi maliziosi e penetranti, di un colore indefinito che sembra cambiare al variare della luce. Il suo portamento è fiero e regale, con un’eleganza che trasuda dalla sua presenza anche nell’aldilà.

Ma è il suo profumo ad avvolgere chiunque si trovi nei paraggi. Un profumo inebriante e vagamente dolciastro, che penetra nelle narici e si insinua nei sensi, lasciando dietro di sé un’impronta indelebile di malinconia e desiderio.

È come se il suo spirito conservasse ancora il ricordo di una bellezza e di un fascino che non conoscono tempo né confini, e che continuano a esercitare il loro incantesimo anche oltre la morte stessa. Chiunque abbia avuto la fortuna (o la sfortuna) di incrociare il suo sguardo, avrà certamente portato con sé il ricordo di quell’incontro per il resto dei suoi giorni.

AUTORE


Redazione MT

“Quella del mistero è la migliore esperienza che possiamo avere. È l’emozione fondamentale che veglia la culla della vera arte e della vera scienza.” — Albert Einstein



Tipologia : Personaggi / Fantasmi
Ubicazione : Europa / Italia / Piemonte
Accesso : Pubblico
Stato di Conservazione : Rudere
Accesso con Animali : Consentito
Accesso con Disabilità : Non Accessibile
Raggiungibilità : A Piedi
Servizi Igienici : Non Accessibili
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